random rosa

L’ultimo lavoro di SOS ( Simon Ostan Simone) che nominerei “Random Paintings” si basa sull’operato di vari aggeggi tra cui una macchinetta da pulizie per casa riadattata che, grazie ad un suo algoritmo, si muove autonomamente sul foglio lasciando scie di segni ben ordinati e consequenziali.
Questa modalità di fare arte, da parte di SOS, artista multimediale, implica due attitudini fondamentali nell’arte contemporanea: il suo essere concettuale, e la messa in discussione dei suoi criteri estetico-formali.
La pittura fino ad oggi si è basata sull’identità: mano e cervello, cioè capacità tecnica e visione interiore. Da tempo questa dualità dell’arte è stata messa in discussione da diversi critici contemporanei come Nicolas Bourriaud, Gabriele Perretta e Fabio Cavallucci, fra i più noti. Ma pure da pittori importanti come Gianmarco Montesano che fra i primi artisti ha posto il problema del pittore Cyborg; cioè della necessità di staccarsi dalla manualità cromatica ed emozionale, da parte dell’artista, a favore di un calcolo freddo per una pittura ragionata e storica indifferente alla visione di cui intrinsecamente è portatrice e si fa carico.
Qui nei “Random Paintings” SOS attua due ulteriori condizioni di estraniamento: l’una, di affidare ad un algoritmo la soluzione della pittura dimostrando così la governabilità della mano e della visione da parte di strumenti estranei con intelligenza artificiale; l’altra, della irrilevanza dell’artista contemporaneo quale strumento “pensante” nell’attuale mondo dell’arte. Cioè, a dire, che la macchina fa meglio dell’uomo, è più corretta, meno sollecitata dall’emozione, e ripete le modularità artistico estetica del recente passato astratto/geometrico nell’arte, senza il turbamento dell’uomo. Insomma, né la scoperta casuale e decorativa di Kandinsky, né la scoperta di uno sviluppo concettuale in Kupka sono tappe invalicabili. L’ Intelligenza Artificiale, l’algoritmo, oggi hanno superato la barriera dell’artistico dandoci nuove prospettive estetiche che recano però in sé il pericolo della “inutilità” dell’artista come produttore. Ma questo è il nostro prossimo futuro.

Boris Brollo