Singolari sono le produzioni estetico-artistiche di Simon Ostan Simone.
Ci troviamo in quello che alcuni di noi chiamano “il nuovo universo dell’informazione”. Questo universo si avvale di un nuovo linguaggio formalizzato (Kurt Gödel, 1931), il cui codice è organizzato per mezzo di stimoli elettrici ed utilizza oggi principalmente i canali dell’elettricità per trasmettere e divulgare informazioni (-ovvero secondo quanto descritto dalla Teoria dell’informazione, 1948, di Claude Shannon -).
Queste produzioni estetico-artistiche rientrano nell’ottica dell’ibridazione tecnologica, più precisamente, nell’interazione tra il sistema conoscitivo umano e i modelli operativi presenti nella memoria della macchina-computer. Solo che i calcoli logico-matematici sono utilizzati da Simone per produrre “arte”.
L’interesse suscitato in molti artisti è stato indubbiamente per l’automatismo e lo sviluppo delle abilità tecniche raggiunto dalle macchine in questi ultimi vent’anni.
Si fanno risalire al 1968, e più precisamente al programma AARON costruito dall’artista inglese Harold Cohen, le prime immagini computerizzate, che riproducevano le immagini semplici presenti su petroglifi degli indiani dell’America settentrionale. Successivamente, con programmi più evoluti e complessi, il suo AARON fu in grado di riprodurre disegni e figure.
Fu questo artista inglese che per primo collegò il computer a un plotter munito di sensori con cui furono tracciati i primi interventi “artistici” di una macchina, per mezzo di un braccio meccanico con all’estremità una matita manovrata a distanza da un programma di un computer.
Gli artisti “tecnologici” prospettano una radicale evoluzione e trasformazione dell’arte.
Le loro opere raccontano di “operazioni estetiche”; e tra l’altro queste operazioni si effettuano con dispositivi tecnologici e attraverso il linguaggio della macchina logica che produce “un’opera d’arte”.
Diciamo, semplificando, che i messaggi intesi come informazione si propagano attraverso l’energetica e innescano modelli cognitivi e operativi. Questi emergono nel cervello, molto prima che non ci sia una riflessione col pensiero su un evento che potrebbe accadere, sta per accadere o è già accaduto.
L’informazione, inoltre, può produrre azioni in un ambiente relazionale; quindi anche l’arte dell’informazione è determinata da modelli e sistemi cognitivi e operativi, utilizzati chiaramente in un ambito estetico.
In effetti i telescopi (a radiazione, a onde radio, a raggi X o a interferometro) non hanno bisogno dell’occhio, né le onde doppler hanno bisogno dell’ausculto medico, e neanche l’accelerazione di particelle o il microscopio elettronico, etc.; sono gli umani, invece, che hanno bisogno di dispositivi per tradurre nel proprio linguaggio percettivo comune ciò che questi strumenti rilevano nel cosmo, nel mondo subatomico o nell’interno del corpo, o nel mondo sub cellulare.
Grazie alla evoluzione tecnologica e scientifica abbiamo iniziato a riporre maggior fiducia in quei dispositivi di rilevamento e di calcolo che sono al di fuori dei nostri sensi.
La maggior parte di questi dispositivi tecnologici ci informano non solo di un nuovo approccio teoretico degli uomini alle scienze in genere, ma anche di una nuova organizzazione del mondo e della vita. Questo approccio si è potuto realizzare solo attraverso l’informazione collegata alla evoluzione tecnologica dei computer.
Ecco perché vi sono degli artisti pionieri che sondano l’evoluzione cognitivo-culturale, o concettuale, o del “sentire”, e si spingono a produrre opere insieme o attraverso le macchine dotate almeno di un dispositivo di calcolo.

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Tra gli artisti che producono questo genere “d’arte dell’informazione” possiamo annoverare Simon Ostan Simone, e possiamo chiamarlo anche, come acutamente ha osservato Mario Costa, “operatore estetico”.
La principale differenza tra un artista tradizionale e un operatore estetico per me consiste nel fatto che essi evidenziano in modo differente due modelli di produrre arte e due modelli di osservare in modo scientifico la materia e l’energia; nonché segnano il passaggio dal mondo del comunicare e del rappresentare idee, al nuovo universo del configurare relazioni e messaggi relativi ed energetici presenti in un ambiente in evoluzione-espansione.
Sono questi ultimi “artisti” che ci indicano come allo stesso modo ha valore sia la sistemica (alias modello) con cui si realizza un’opera e sia l’operazione concettuale che ha generato il messaggio organizzato in informazione.
Ostan predilige evidenziare nelle sue performance artistiche innanzitutto la differenza di operatività tra la comunicazione che avviene attraverso il medium della parola o della scrittura o dell’immagine (o tutti gli altri modelli concettuali del rappresentare “idee” e immagini statiche) e l’informazione dinamica contenuta nei modelli logici inseriti nella macchina. I modelli logici seguono schemi, innescano automatismi e fanno emergere un sistema di relazione per raggiungere un fine. Sono sistemi “operativi”.
Il nostro artista si allontana un po’ dalle specificità del messaggio di Cohen.
La tecnologia dell’informazione permette un affinamento della tecnica. Il dispositivo tecnologico non è più deciso dalla mano dell’uomo, come avviene spesso con l’inquadratura di uno scatto fotografico, perché anche il sistema di “azionamento” è gestito automaticamente da una macchina di calcolo.
Quello che Ostan ci vuole comunicare con le sue performance artistiche è che si sta modificando il nostro modo di ragionare e il nostro modo di formare le opinioni, e a me sembra che si stia modificando anche il nostro corpo fisico (penso a Neil Harbisson, artista britannico di origine catalana che per primo nel 2004 si fece installare un’antenna nel cervello per “ascoltare colori” definendosi il primo artista cyborg).
Le informazioni energetiche oggi raggiungono direttamente il cervello e producono sensazioni opinioni credenze… spesso scavalcando i nostri sensi tradizionali e producendo sensazioni ed esperienze forti come ad esempio accade nella realtà virtuale.
Stiamo diventando consapevoli che ci sono altre vie che non sono i cinque organi sensoriali del tatto dell’udito della vista del gusto e dell’odorato su cui possiamo fondare la nostra cognizione ed esperienza emozionale.
La Random art di Simon Ostan Simone, o anche come ha specificato in modo più puntuale Boris Brollo appellandola Random painting, non è altro che il sottolineare da parte dell’artista che il procedimento artistico è diventato nel tempo un racconto “del sentire” estetico di modelli logici.
In questo modello di sentire è coinvolto non solo una sinestesia umana tradizionale ma anche i modelli e le sistemiche (alias logiche) che producono cognizioni attraverso le macchine che elaborano informazioni. Sono queste macchine, in effetti, che ricevono e trasmettono messaggi per mezzo di una serie di modelli (o schemi) ad altre macchine munite di sensori che abbiamo chiamato dispositivi.
Ciò “significa” che le sistemiche utilizzate dalle macchine fanno parte a pieno titolo del racconto dell’arte quando producono messaggi e azioni che rientrano nella comunicazione o percezione “artistica” degli uomini.
Si può affermare, per questo, che Simon Ostan abbia maturato la convinzione che la tecnologia informatica possa aiutare la tecnica (techné) anche nella produzione artistica; o addirittura sostituirsi all’abilità tecnica umana.
Le sue performance con le macchine ci raccontano che ciò che rimane all’artista nostro contemporaneo è progettare o utilizzare per fini artistici un modello di organizzazione estetico-concettuale; come nel caso di una macchina pulitrice che ha un programma operativo costruito da programmatori umani.
Il programma della macchina di Ostan traccia su carta le traiettorie che essa fino a poco fa utilizzava per pulire un pavimento; proprio perché al posto delle spatole per pulire l’artista (o l’operatore estetico) Ostan sostituisce alla macchina delle matite. Egli fa emergere così dalla macchina il grafico di un percorso logico che si replica per quante matite o penne colorate egli dota la “sua” macchina.
Da macchina pulitrice il plotter diventa disegnatore e Simon Ostan lo utilizza come il manifestarsi, o meglio l’emergere, di una operazione estetica della macchina a cui l’artista dà il suo imprimatur.
Egli fa di più, dota la macchina di più penne o matite colorate. In questo modo i tracciati grafici si moltiplicano e si sovrappongono su un unica opera nonostante la macchina stia ripetendo lo stesso schema di movimento.
Il problema concettuale posto da SOS nel campo artistico va osservato e analizzato specie dal punto di vista tecnico.
Il futuro sta bussando alle porte anche della produzione artistica, sembra che ci racconti Ostan con le sue opere logico-concettuali utilizzando gli automatismi logici di una macchina e i suoi sistemi di movimento. L’informazione, utilizzata nei sistemi operativi delle macchine, chiede di poter essere riconosciuta e di avere il suo posto anche nella nostra storia dell’arte.
Simone ci ricorda che per entrare in questo nuovo universo artistico fondato sulla formalizzazione dei messaggi attraverso codici che utilizzano l’elettricità, la luce, il calore… – (e che abbiamo chiamato in generale, codici d’informazione, la cui unità di misura è il “bit”, anche se i nuovi programmi logici stanno utilizzando in alcuni casi il “q-bit”) – bisogna ora riconoscere che c’è già una nuova tecnica e una nuova tipologia di produzione e fruizione delle opere… “d’arte”. Ciò avviene perché è emersa una una nuova personalità artistica, che sarebbe meglio chiamare “operatore estetico”, – per differenziarla dalle altre che finora hanno utilizzato per fare arte solo abilità manuali o concettuali umane -. SOS per queste sue produzioni può essere appellato a pieno titolo “operatore estetico”, non solo perché egli traduce uno schema logico della macchina in grafie, ma anche perché possa giungere chiaro e inequivocabile il suo messaggio a un fruitore umano: affinché questi si sommuova e azioni emozionalmente il suo meccanismo estetico-artistico per l’emergere di un “nuovo sentire” costituito da schemi e da azioni di automatismi logici che si manifestano come “random-pitture” prodotte da una macchina.

Giuseppe Siano